Vini spumanti campani

La produzione della varie tipologie di vino spumante campano comincia a svilupparsi a partire dagli anni Ottanta, grazie alla capacità dei viticultori locali di sviluppare una filiera chiusa e un prodotto che ha gradualmente acquistato nel tempo alti livelli di eccellenza e prestigio e che situa i vini spumanti campani tra i migliori prodotti a livello nazionale e internazionale. Nel passato la regione Campania non ha mai brillato per la produzione di vini spumanti rispetto ad altre regioni italiane, ma a partire dalle sperimentazioni avviate sulle uve all’inizio degli anni Ottanta la domanda di bollicine campane è andata sempre più aumentando e attualmente si procudocono circa un milione di bottiglie di vino spumante campano, ottenute da varietà diverse come l’Asprinio, la Falanghina, il Greco, il Fiano, il Coda di volpe, il Biancolella e il Moscato del Baselice per quanto riguarda i vitigni a bacca bianca; l’Aglianico, il Piedirosso, il Barbera del Sannio e lo Sciascinoso per quanto riguarda quelli a bacca nera. Esistono spumanti ottenuti da uve bianche, spumanti rossi e rosati, prodotti attraverso le varie metodologie di lavorazione previste dai relativi disciplinari di produzione.

I vini spumanti campani nella storia

La storia del vino spumante della regione Campania è legata soprattutto alla Scuola Enologica di Avellino, pionera nella proposta di teorie e pratiche orientate alla espressione dei vitigni autoctoni irpini nella versione spumante. Difatti, già un secolo fa, Elio Gramignani, direttore della Cattedra Ambulante dell’Agricoltura di Avellino, riferendosi al vino Greco di Tufo, affermava che sarebbe “stato creato per essere posto in commercio racchiuso ed intolettato in una bottiglia di spumante classico”. Nel 1932 il vino spumante ottenuto dal vitigno Greco di Tufo veniva, invece, pubblicamente apprezzato dal Principe Umberto di Savoia e dalla sua consorte durante l’inaugurazione di una mostra sui vini irpini, in particolare nella visita allo stand dell’azienda agraria Di Marzo di Tufo (AV). Negli anni successivi la produzione di vini spumanti in Campania ha subito un’ulteriore accelerazione grazie all’impegno e al lavoro di alcuni enologi locali, fino ad includere tipologie di vini spumanti rossi e rosati. Una particolare menzione va riportata per quanto riguarda il vino spumante l’Asprinio d’Aversa, già oggetto di studio e sperimentazione nel 1985, attraverso le prime rifermentazioni in bottiglia. Di qualche anno prima (1983) risulta, invece, l’esperienza del vino spumante Calimera dell’isola di Ischia, prodotto in un antico cellaio scavato nel tufo verde in località Calimera nel comune di Serrara Fontana. In generale, il successo dei vini spumanti campani deriva dallo studio e dall’utilizzo di vitigni da cui si ottengono vini particolarmente freschi ed eleganti, minerali e sapidi, con una forte attenzione alla biodiversità viticola.

Vini spumanti campani: alcuni cenni sui metodi di produzione

I vari disciplinari di produzione prevedono principalmente tre metodologie di lavorazione delle uve destinate alla creazione dei vini spumanti campani. Si tratta, in primis, del cosiddetto “metodo classico” (o metodo Champenoise), che prevede un processo di spumantizzazione in bottiglia, durante il quale il vino resta a contatto con i lieviti per un lungo periodo. In cantina, le bottiglie vengono disposte in posizione inclinata, con il collo verso il basso, e ruotate periodicamente, attraversando tempistiche lunghe e operazioni delicate; un’altra procedura indicata è il metodo Martinotti/Charmat, che prevede invece la fermentazione in autoclave, risultando la tecnica meno costosa e più rapida, rivolta all’ottenimento di vini spumanti freschi. Da notare che questo metodo non è considerato un’alternativa a quello classico, ma costituisce un verio e proprio procedimento ad hoc, utilizzato da chi vuole esaltare gli aromi primari e ottenere vini più versatili e giovani. Infine, un ulteriore metodo menzionato è quello definito “ancestrale”, che prevede una rifermentazione spontanea del vino in bottiglia senza aggiunta di zuccheri, esogeni, lieviti, solfiti o altri additivi. Inoltre il vino non viene sottoposto alla tipica fase di sboccatura ma viene proposto integro, sui propri lieviti naturali.

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